martedì 24 febbraio 2009

a catèn.... (la catena...)

LA CATENA.....
A catèn’…
nott’ ì giurn’
vièrn’ ì stàt’
chiòv’ o nang’ chiòv’
stòc’ a qu’à …
attaccat’ a stà catèn’
semp’ chiù pisant’
semp’ chiù cort’
mì dumann’ cè agghj’ fatt’ di mal’…?!!
Pì jav'ì stu trattament’…!!!
Agn’ ttant’ mi lament’
Agn’ ttant sò cutent’…
Agn’ ttant’ fazz’ lì fèst’, quann’ mi dòn’ nù picc di minèstr’
Agn’ ttant' prov’ a ghiatt’à
Ma nisciùn’ mi sent’…
Ìppur’ mi dumann’, cè agghj’ fatt di tant’ mal’…!!!
Pì mmì mirità stù trattament’!!!
Stà catèn’ jè sèmp chiù pisant’!! jè sèmp chiù cort….
Ì dic’n’ cà sònd’ u meggh’ amìc’ sùv’….!!!!
(traduzione)
La catena….
Di notte e di giorno
D’inverno e d’estate
Piove o non piove
Sono qua…
Legato a questa catena
Sempre più pesante
Sempre più corta
Mi domando cosa ho fatto di male…?!!
Per avere questo trattamento…!!!
Ogni tanto mi lamento
Ogni tanto son contento…
Ogni tanto faccio le feste, quando mi danno un po’ di minestra…
Ogni tanto provo ad’abbaiare…
Ma nessuno mi sente…
Eppure mi domando, che ho fatto di male…!!!
Per meritarmi questo trattamento!!!
Questa catena è sempre più pesante!! Ed è sempre più corta…
E dicono che sono il suo migliore amico….!!!!!
Il cane alla catena: una tortura psicologica.
Viviamo nell’era del computer, di internet e delle comunicazioni satellitari. Viviamo in una società che ci vantiamo di definire civile. Eppure risulta essere un’abitudine ancora purtroppo diffusa quella di legare il cane alla catena.
Una credenza popolare vuole che in questo modo diventi un guardiano migliore, capace di scoraggiare qualsiasi malintenzionato. Non è vero. Si tratta invece di una crudeltà ingiustificata, una vera e propria tortura psicologica, capace di provocare danni irreparabili nel carattere dell’animale.
Se legato, il cane non migliora la sua capacità di fare la guardia ma al contrario può diventare pericoloso, non solo per gli estranei ma anche per il padrone stesso. Viene completamente alterato il suo equilibrio e il suo senso della proprietà per cui, incapace di riconoscere l’amico del nemico, pensa solo a difendere il poco spazio che ha a disposizione, a volte con una esagerata aggressività.
La catena riduce infatti la cosiddetta “distanza critica”, uno spazio vitale superato il quale il cane si sente talmente minacciato da attaccare senza esitazione. Ecco la ragione di alcuni tragici incidenti. Il cane azzanna il padrone e questo si dimostra allibito di fronte al tradimento del proprio animale. In questi casi l’opinione pubblica punta spesso il dito contro il cane, bollandolo con termini tipo “assassino” e “traditore”. Ma la responsabilità non è del cane. Come scrive Desmond Morris, il grande etologo inglese, “Non esistono cani cattivi. Solo cattivi padroni.”
E’ difficile comprendere le torture che un cane subisce quando viene legato. Vive in uno stato di perenne abbattimento, frustrazione e mortificazione. Gli è impossibile, per esempio, soddisfare le esigenze del suo olfatto sviluppatissimo. Al posto del naso il cane ha un vero computer: il suo olfatto è un milione di volte più sviluppato del nostro. E’ in grado di capire addirittura l’umore delle persone dal cambiamento del loro odore. Quando poi un estraneo arriva in casa, il cane si precipita ad annusarlo, in modo da “schedarlo”, come se avesse letto il suo biglietto da visita. Gli odori rappresentano un mondo intero, a noi inaccessibile. Cercare e trovare nuovi odori, è per il cane come per una persona leggere un buon libro: lo arricchisce, stimola la sua intelligenza e la sua capacità di apprendere. Ma legato alla catena tutto questo gli viene negato. Gli odori che si trovano nello spazio a sua disposizione con il tempo diventano talmente familiari da perdere qualsiasi interesse. A pochi metri di distanza ce ne sono di sconosciuti e stimolanti ma è impossibile raggiungerli. Privato così della parte più importante del suo modo di essere, il cane diventa vittima della noia. Ogni diversivo si trasforma in un impellente bisogno. Il cane attende con ansia il momento del pasto, spesso l’unica occasione che ha di vedere il padrone. Mangiare diventa la sua occupazione. Ingrassa e non può smaltire le calorie in eccesso perché non può fare del moto. Spesso si ammala.
C’è anche un’altra cosa da tenere presente. Nessun cane sporca nei pressi dello spazio dove mangia e dorme. E’ un comportamento innato, che il cane impara a seguire fin da cucciolo senza alcun insegnamento. Un cane a catena è invece costretto a sporcare nelle vicinanze della cuccia, andando quindi contro la sua stessa natura. Ma la più grande sofferenza è la mancanza di socialità che il restare alla catena comporta. Per il cane non esiste niente di peggiore. Jeffrey Masson, psicologo e autore di splendidi libri sugli animali, definisce la solitudine “la grande paura del cane”. E’ un animale altamente sociale, che si realizza pienamente solo quando è parte di un gruppo. Per un cane il contatto fisico è vitale. Per lui partecipare alle attività del suo gruppo è come l’aria per respirare. Ma legato alla catena, è escluso, messo da parte. Vede e sente gli altri membri del suo branco, la sua famiglia umana, interagire tra di loro ma lui è immobilizzato lontano. Il suo mondo è completamente distrutto.
Parlo spesso con gente che di abitudine lega il cane. Mi dicono che quel povero animale è il loro più caro amico. Che lo tengono legato perché altrimenti “fa danni in giardino” ma che gli vogliono bene. Affermazioni che fanno cascare le braccia. Ma lo sguardo adorante del cane sembra dar loro ragione.
Diceva bene il premio Nobel Konrad Lorenz quando scrisse: “Il semplice fatto che il mio cane mi ami più di quanto io ami lui è una realtà innegabile, che mi colma sempre di una certa vergogna.”